L’ombra di Trump si muove e ha puntato l’Europa. La sua ombra è Elon Musk che, da mesi ormai sistematicamente, lancia attacchi ai leader europei a detta di lui “inadeguati”; gli ultimi difensori di uno status-quo che il Trump-bis ha come obiettivo di eliminare. Questa settimana è stato il turno del premier britannico Keir Starmer, di cui Musk ha chiesto le dimissioni (le accuse riguardano un caso di abusi sessuali che il ministro inglese affrontò quand’era procuratore generale). Non vanno trascurati i continui auguri che Musk manda all’AfD di vincere le elezioni che si terranno il 23 febbraio: “i tedeschi devono votare per il cambiamento, come hanno fatto gli americani, e per questo raccomando con forza di votare la Afd, è puro buon senso. Solo Afd può salvare la Germania, fine della storia”, la spregiudicatezza del proprietario di Tesla lascia forse sbigottiti chi sottostima la sua rilevanza politica e sociale.

 Queste continue ingerenze nella politica europea hanno spinto Emmanuel Macron a intervenire senza mezzi termini: “dieci anni fa, chi avrebbe potuto immaginarlo se ci avessero detto che il proprietario di uno dei più grandi social network al mondo avrebbe sostenuto un nuovo movimento reazionario internazionale e sarebbe intervenuto direttamente nelle elezioni, anche in Germania?”. La strategia adottata dal binomio Trump-Musk si è definitivamente strutturata: inserirsi nei vuoti politici lasciati da Bruxelles per sostenere relazioni dirette con i leader europei, senza interessare l’Ue e le sue istituzioni, ampliando così le frammentazioni politiche e le divergenze. La domanda è dunque inevitabile: che costa sta facendo la Commissione europea per contrastare queste continue ingerenze? Il ministro degli esteri francese Jean-Noel Barrot, in piena sintonia con Macron, ha voluto prendere di petto la faccenda in un’intervista sulla rete tv FranceInter: “o la Commissione Europea applica con la massima fermezza le leggi esistenti a tutela del nostro spazio unico, oppure non lo fa. In tal caso, dovrebbe considerare ‘ipotesi di restituire questa facoltà agli Stati membri della Ue”. È l’ennesimo appello a un’Europa sonnolente, o peggio senza volto.

La facilità d’intromissione nella politica europea da parte del binomio Trump/Musk è una delle conseguenze delle divisioni che governano l’Ue, incapace di incidere politicamente su questioni oramai drammatiche come l’arretramento tecnologico o l’assenza d’investimenti nella difesa; alla fine il massiccio ricorso al veto come unica “strategia” politica ha dato i suoi frutti. Prendere atto del comportamento inerme delle istituzioni europee davanti a questi continui attacchi scoraggia anche i più ottimisti.

Nel suo silenzio snervante, ciò che ha spiazzato l’Ue è soprattutto la natura degli attacchi: si pensava che lo scontro con la Casa Bianca sarebbe stato di natura economica e non politico/diplomatico. Nessuna parola da parte della nuova Alto Rappresentante Kaja Kallas (molto attesa, finora si è dimostrata totalmente assente), nessuna parola da parte del nuovo presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Il profilo basso delle istituzioni europee non lascia indifferenza, con parecchi deputati del parlamento europeo che si stanno dimostrando decisamente insofferenti: “Tra 12 giorni, quest’uomo che minaccia senza sosta le democrazie alleate degli Stati Uniti e ripete allegramente la propaganda di Putin sull’Ucraina giurerà come presidente della prima potenza mondiale. L’Europa potrà superare questa tempesta solo se assumerà il rapporto di forza” ha così commentato su X il deputato socialista francese Raphaël Glucksmann.

La Commissione di von der Leyen segue un profilo basso perché si rifiuta di prendere sul serio le dichiarazioni/minacce del binomio Trump/Musk: l’obiettivo finora espresso è quello di allentare la pressione. Ma il rischio, anche questa volta, è quello di prendere sottogamba quelli che oramai l’ex cancelliere Olaf Scholz definisce delle vaghe preoccupazioni: “non dobbiamo alimentare i troll”. Forse si sottostima l’effettivo peso culturale di un uomo, Musk, che sta promovendo una vera e propria campagna diffamatoria ai danni dell’Europa attraverso un social network di cui ne è proprietario e che mensilmente registra più di 350 di milioni di utenti attivi.

Di fronte a questo stato di cose, i moniti del ministro della difesa francese Barrot oltre che a dare senso compiuto alla passività desolante dell’Ue prospettano uno scenario futuro desolante: “Se la Commissione europea non esercita con fermezza i suoi poteri, dovrà lasciare gli Stati membri liberi di adottare misure nazionali”.

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