Secondo una certa narrazione la fine del mercato tutelato e il passaggio a quello libero porterà a un aumento consistente delle bollette delle utenze. È davvero così? Non proprio: il problema nasce altrove. A monte.
Se le bollette sono effettivamente “tutelate”, perché sono aumentate in modo così vertiginoso? O, meglio, perché sono aumentate così tanto in più, nell’annus horribilis 2022, rispetto a quelle “libere” che dovrebbero essere più onerose? Insomma, quale sistema è realmente più efficace e profittevole in una situazione di scarsità come questa? Bisogna provare a capire meglio il problema.
La fine del mercato “tutelato”, a lungo dilazionata (dal 2017), è fissata per il 1° gennaio, una scadenza per la quale le imprese del settore si sono attivate per tempo programmando investimenti. L’uscita dal regime tutelato era prevista, inoltre, tra gli interventi richiesti per lo sblocco delle rate Pnrr. Insomma, non c’erano grandi margini senza una precisa azione politica in sede Ue, che non c’è stata, o almeno sarebbe dovuta partire molto prima e non ora.
Sulla libertà, la “perfetta concorrenza” o su quale sistema sia realmente “efficiente” si potrebbe discorrere a lungo. È pur vero che altri paesi europei, come Francia e Germania, hanno adottato sistemi più protettivi. Di contro, è vero che sempre più famiglie italiane si sono liberate del regime “tutelato”, arrivando a essere oltre il 60% del totale. Non solo, rimangono, anche nel nuovo regime, delle tutele per gli utenti più deboli.
È pur vero che il costo delle bollette, iniziate a lievitare ben prima della guerra, almeno dal 2020, ha sconvolto il Paese, con ripercussioni su risparmi, da cui i sempre più frequenti prelievi, e contrazione dei consumi. Anche l’ultimo trimestre del 2023 ha registrato, riferisce Arera, un aumento di circa il 18% per le bollette dell’elettricità, pur contenuto rispetto al corrispettivo periodo del 2022; segno che si è di fronte a una fase prolungata e strutturale di scarsità delle risorse che si ripercuote sui prezzi e dunque sui consumatori e che forse occorre uno strumento nuovo e altro, pure diverso rispetto al mercato “tutelato”.
Ciò è dovuto primariamente all’evoluzione negli assetti internazionali, la fase della geopolitica dinamica, che ha comportato la brusca interruzione della continuità tra Europa e Russia, cui si era affidata per le forniture di gas – il tracciato baltico e anseatico Nord Stream 2 sarebbe stato il coronamento della ritrovata integrazione -, e, con ogni probabilità, tra Europa e mondo arabo, altro serbatoio d’energia e storico partner, in seguito all’attacco di Hamas.
Il meccanismo speculativo, l’ormai celebre TTF, della borsa – non a caso – di Amsterdam, la città talassocratica e dedita ai commerci atlantici, dove, grazie alla saldatura tra accumulo della ricchezza e protestantesimo, nasce il capitalismo e la sua borsa (1602), sfugge al controllo di qualsiasi governo ed è, per altro, svincolato dal numero degli scambi effettivamente effettuati, nota Baldassarri su Formiche.
Le critiche, più che sulle società dell’energia colpevoli di operare in una sorta di oligopolio (non esiste la concorrenza perfetta), dovrebbero appuntarsi prima di tutto sul sistema europeo e sui suoi meccanismi di controllo e correzione che, fino ad oggi, non si sono dimostrati efficaci nel contenere gli animal sprits della speculazione. È più che mai urgente visto che la scarsità di approvvigionamenti è destinata a essere strutturale – in attesa del nuovo mix – e non momentanea.
Di Lorenzo Somigli