Il mondo non ha pace e sembra essere iniziata un’altra guerra, l’ennesima. Stavolta, se può consolare, senza esplosioni, missili, carri armati e spargimenti di sangue, ma a colpi di dazi: una guerra commerciale. Ad ormai quasi un mese dal ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump sta facendo valere le sue promesse e dopo le minacce arriva la firma dell’ordine esecutivo che introduce dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e di alluminio (su quest’ultimo nel 2018 erano al 10%), dando il via a una politica protezionista che sta già incrinando i rapporti con amici e nemici all’estero. La misura entrerà in vigore il 12 marzo ed è volta a proteggere l’industria nazionale. “Ho stabilito che le importazioni di articolo in acciaio rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale”, ha scritto Trump nel testo del decreto. Questo potrebbe essere solo l’inizio, dato che ad un’intervista a Fox News, il tycoon ha minacciato (in suo stile) di estendere il provvedimento ad altri settori, come i semiconduttori, l’automotive e i prodotti farmaceutici. Il Presidente ha inoltre preannunciato delle “tariffe reciproche”, il che significa che gli USA imporranno dazi sulle importazioni di prodotti nei casi in cui un altro Paese abbia imposto dazi su merci USA. Tra i più colpiti, come promesso, Canada e Messico, maggiori partner commerciali di questi prodotti.
Inevitabilmente il provvedimento ha suscitato forti reazioni dal panorama internazionale, dalla Cina all’Ue, e, nonostante le diverse risposte, tutti hanno concordato su un punto: nella guerra commerciale non c’è un vincitore. I dazi sono dannosi per le aziende e gravano soprattutto sui consumatori. L’Ue ha manifestato un profondo disappunto per la decisione statunitense, ma si è mostrata solida e decisa: “Mi rammarico profondamente della decisione degli USA di imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio. […] I dazi ingiustificati sull’Ue non rimarranno senza risposta: innescheranno contromisure solide e proporzionate. L’Ue agirà per salvaguardare i suoi interessi economici. Proteggeremo i nostri lavoratori, le nostre aziende e consumatori”. Queste le parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, proseguendo sulla stessa linea rigida della presidente, ha reiterato che la risposta dell’Ue sarà dura e proporzionata e ha allertato sul rischio di un impatto negativo su scala globale.
Il portavoce della Commissione europea Olof Gill ha affermato che “il commercio è una competenza esclusiva dell’Ue. Gli Stati membri non possono negoziare da soli.” Ha rassicurato di essere in contatto con tutti e 27 in tutte le fasi e che a brevissimo ci sarà una call organizzata per coordinare la risposta europea.
Quanto alla Cina, si sa, è lei la vera avversaria economica degli Stati Uniti ed è proprio tra loro che si gioca il braccio di ferro più duro. Nonostante le avversità e la concorrenza, l’interscambio di merci tra i due colossi è una macchina potentissima e sempre attiva. Nel 2024 ha superato i 530 miliardi di euro e Pechino si è aggiudicata così il ruolo di pilastro dell’approvvigionamento per Washington. La Cina, seppur affermando convintamente che “non c’è via d’uscita per il protezionismo e non c’è vincitore nella guerra commerciale e nella guerra tariffaria”, ha risposto con una contromossa con tariffe fino tra il 10% e il 15% su 14 miliardi di dollari di importazioni americane, tra cui gas naturale liquefatto, carbone, automobili di lusso e attrezzature agricole. Inoltre, ha anche avanzato un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contro l’aumento unilaterale delle tariffe da parte degli Stati Uniti, che violerebbe gravemente le regole dell’organizzazione, classificandolo come un’azione di “natura dolosa” contro Pechino.
Una controrisposta commerciale dell’Ue, che ha già nel mirino prodotti simbolo come le motociclette Harley Davidson e il whisky, potrebbe portare a un rischio di escalation commerciale. Tuttavia, a Bruxelles si stanno già escogitando delle soluzioni alternative per evitare una guerra di dazi che comprometterebbe pericolosamente le relazioni tra i due Stati e auspicano un “deal”. Un aumento dell’acquisto di Gnl americano potrebbe essere un buon compromesso e permetterebbe inoltre all’Ue di ridurre la dipendenza dal gas russo.
Comunque, mentre i grandi giocano a risiko, a rimetterci sono sempre gli stessi: i cittadini.