Trovare il Nord per tornare ad essere competitivi sul mercato globale: è questo l’obiettivo del Competitiveness Compass, il documento strategico presentato lo scorso 29 gennaio a Bruxelles dalla Commissione Europea. Si tratta della prima grande iniziativa del von der Leyen bis, volta ad invertire il declino industriale del blocco e tornare a competere con Stati Uniti e Cina. La Presidente si è mostrata soddisfatta e convinta e ha dichiarato: “Ora abbiamo un piano. Abbiamo la volontà politica. Ci servono rapidità e unità. Il mondo non ci aspetterà. Tutti gli Stati membri sono d’accordo: è il momento di passare all’azione”. L’atto fungerà da Stella Polare per i prossimi cinque anni nello sforzo di rilanciare il Vecchio continente e si basa sui tre pilastri del rapporto Draghi: colmare il divario di innovazione con Stati Uniti e Cina, un piano congiunto per la decarbonizzazione e l’aumento della sicurezza.

Nel concreto, per chiudere il gap nell’innovazione, la Commissione intende creare un habitat favorevole per le start-up del settore, promuovere la leadership industriale nei settori ad alta crescita basati su tecnologie deep tech e diffondere le tecnologie alle PMI. Per guidare lo sviluppo e l’adozione dell’IA nell’industria più strategica implementerà le iniziative AI Gigafactories e Apply AI, che includeranno piani d’azione per i materiali avanzati e le tecnologie quantistiche, robotiche, spaziali e biotecnologiche. Inoltre, l’idea di creare un cosiddetto 28° regime giuridico, semplificherebbe il quadro normativo che riguarda le imprese, che potrebbero così fruire di un unico complesso di norme (ad oggi diversificate nelle 27 legislazioni nazionali).

Quanto al secondo pilastro, la Commissione ha stilato 3 diversi piani d’intervento per facilitare l’accesso a un’energia pulita e a prezzi accessibili: il Clean industrial deal esporrà un approccio basato sulla competitività; l’Affordable energy action plan contribuirà ad abbassare i prezzi e i costi dell’energia e infine l’Industrial decarbonisation accelerator act estenderà le autorizzazioni accelerate ai settori in transizione.

Infine, per ridurre le dipendenze e aumentare la sicurezza, la Bussola propone di estendere i partenariati per il commercio e investimenti puliti. Inoltre, la revisione delle norme sugli appalti pubblici nel mercato interno potrebbe introdurre una “preferenza europea”.

Per raggiungere questi obiettivi, la Commissione ha elaborato cinque “abilitatori” (enablers) orizzontali che possono essere riassunti in: semplificazione, abbassamento delle barriere del mercato unico, finanziamento della competitività, promozione delle competenze e dei posti di lavoro di qualità e miglioramento delle politiche a livello dell’Unione e nazionale.

Sembra un piano strutturato ed efficace, ma c’è chi dietro alla parola “semplificazione” legge “deregolamentazione”. In particolare, a destare la preoccupazione di fare dei passi indietro sulle conquiste green è il “Pacchetto Omnibus”, che mira a semplificare e a ridurre il carico amministrativo per le imprese. In termini di numeri si parla di una riduzione di almeno il 25% per le aziende e del 35% per le PMI. Il Pacchetto prevede una revisione di tre normative chiave sulla sostenibilità aziendale: la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD), la direttiva sulla due diligence in termini di rispetto dei diritti umani e dell’ambiente lungo la filiera (CSDDD) e la Tassonomia UE delle attività economiche eco-compatibili.

In attesa della pubblicazione ufficiale del “Pacchetto Omnibus” del 26 febbraio, diverse organizzazioni non governative hanno esortato l’Ue a non compiere passi indietro nella transizione sostenibile delle imprese e a continuare il percorso green iniziato nel precedente mandato. Forse più inaspettatamente, anche le grandi corporation, tra cui come Ferrero, Unilever e Primark si sono schierati a favore delle vigenti normative sulla sostenibilità, dichiarando che una revisione delle regole comprometterebbe investimenti e competitività. Naturalmente questi colossi sono quelli che hanno investito maggior capitale per adeguarsi agli standard europei e adesso l’eventualità di dover rifare tutto da capo li spaventa.

Dunque, se prima l’ottica era quella di sacrificare l’industria in nome dell’ambiente, adesso sembra che la tendenza si sia invertita. Anche se sia la von der Leyen che Séjourné hanno promesso che gli obiettivi del Green Deal restano invariati, la scelta di rivedere le priorità e di rimettere la competitività dell’industria in cima all’agenda europea è un dato di fatto. Probabilmente è una decisione frutto del suo tempo, con il ritorno al potere di Trump che può far incrinare i rapporti, anche e soprattutto commerciali con i 27 commerciali e con un divario tecnologico con le due superpotenze del mondo che rischia di non poter essere recuperato. Se dunque nel primo mandato la parola chiave dell’Ue era green, adesso le parole sono flessibilità e pragmatismo.

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